ANFITRIONE
TOURNÈE CHIUSA
Debora Caprioglio
Franco Oppini
ANFITRIONE
Di Plauto
Con Giorgia Guerra - Lorenzo Venturini - Federico Nelli
Dopo i due allestimenti di “CASINA”, uno con Mario Scaccia, l’altro con Lando Buzzanca, dopo “PSEUDOLO” con Paolo Ferrari e Giustino Durano, “Il VANTONE” con Paolo Ferrari e Ninetto Davoli, “TRUCULENTUS (La Marpiona)” con Anna Mazzamauro e Gina Rovere, “MERCATOR” con Antonella Elia, e i due allestimenti di “MENECMI”, uno con Franco Oppini, Mita Medici, Nini Salerno, ilsecondo con Tato Russo, ora fiorisce un altro Plauto, su un terreno frequentato.
Ora, dall’Olimpo, scendono sul palco gli dei a divertirci e coinvolgerci con la spudorata beffa che solo una divina perversione può escogitare, a danno dell’ ignaro Anfitrione di cui Giove ha preso l’aspetto per sostituirsi a lui nel talamo nuziale accanto alla bella Alcmena; protetto dalla sadica complicità di Mercurio che ha assunto le sembianze del servo Sosia. Ma quando Anfitrione ritorna vittorioso dalla guerra... E qui si scatena la sbrigliata fantasia di Plauto, magistralmente esaltata dal gioco dei doppi, degli equivoci, dello smarrimento di identità che ci conduce a contemporanee alienazioni.
La trama si complica, si contorce, si arrovella fino al più esilarante, inestricabile parossismo che solo il “deus ex-machina” riuscirà felicementea dipanare.
Mi accosto a questo “ANFITRIONE” con lo stesso spirito con cui ho curato i precedenti: rispetto del testo plautino – fa eccezione, naturalmente, la riscrittura pasoliniana de “IL VANTONE” e quella partenopea de “I MENECMI” di Tato Russo - , ricostruzione delle sue pirotecniche lessicali reinventando – per quanto possibile - le sue godibili sonorità, uno snellimento della trama a favore di una più diretta comunicativa, un dinamismo gestuale e recitativo che ripercorre le feconde intuizioni che, nate da Plauto, attraverso la Commedia dell’arte sono giunte fino a noi. Uno scoglio non da poco la perdita di circa trecento versi, e nel momento più significativo della commedia: l’incontro dei due Anfitrioni.
Aggrappandomi agli sporadici frammenti, mi sono applicato a intuire, più che nuovi dialoghi, l’esilarante alienazione che può nascere dall’incontro di tutti i doppi: quindi pochi efficaci dialoghi in funzione dell’analisi psicologica, della mimica, delle attese del pubblico, a descrivere teatralmente uno smarrimento di identità collettivo – purtroppo perduto. Sottolineo inoltre il cinico gioco di potere “di chi può”, che getta scompiglio e rovina nei destini umani; in Plauto tutto si risolve felicemente, nella vita
invece...
Livio Galassi